“Fabio Mauri è stato uno dei grandi protagonisti della cultura dell’arte italiana. Ampliamo con questa mostra il ciclo di approfondimento dedicato all’arte e alla cultura degli anni ’70 – ha detto l’assessore alla Cultura Stefano Boeri –. Un ciclo che è iniziato con la mostra di Dario Fo, appena conclusa, e con quella dedicata all’arte milanese degli Anni' 70, appena inaugurata al piano nobile di Palazzo Reale; e che si chiuderà con l’esposizione, in Sala delle Cariatidi, dei ‘Funerali dell’anarchico Pinelli’ di Enrico Baj, opera simbolo di quegli anni difficili e complessi. Una serie di progetti scientifici e di concept espositivi molto diversi, ma tutti complementari tra loro, che per la prima volta a Milano affrontano i temi, le contraddizioni, le passioni, le provocazioni, le tensioni e le germinazioni artistiche e culturali di quel periodo storico irripetibile, che ha impresso un segno indelebile nell’arte e nella società del nostro Paese”.
Questo progetto, va a muoversi su vari registri espositivi che insieme costruiscono un unico itinerario coerente dove: un primo percorso intimo, vi dà l’opportunità di esplorare una raccolta inedita di disegni, mentre un secondo percorso vi porterà alle installazioni di Fabio Mauri e in ultimo ecco che potrete inoltrarvi verso una ricca selezione di “Schermi”, che rappresentano le prime opere monocrome di Fabio Mauri, realizzate alla fine degli Anni' 50 e che includono riferimenti al cinema e alla civiltà contemporanea della stessa immagine.
Fabio Mauri artista e drammaturgo, è il fondatore di ben due riviste critiche oltre ad essere protagonista dell’avanguardia italiana dagli Anni' 50, dove lui va ad intrecciare la storia e il suo destino nella sua stessa poetica, strutturata dai suoi primi 18 Anni di vita: la guerra, la conversione, la follia, il dramma degli amici ebrei mai più tornati, la scoperta del fascismo reale.
Questa sua primissima retrospettiva istituzionale milanese va a concentrarsi sui classici del lessico dell’artista, dove le opere evidenziano la sua propensione per l’esposizione come fosse un momento di coinvolgimento dello stesso spettatore tramite oggetti e anche immagini che vengono prese in prestito dalla storia, sia personale che collettiva, e reinseriti poi nel contesto dell’artista.
“Lo sguardo che richiedono le opere di Fabio Mauri - scrive Francesca Alfano Miglietti in catalogo - è uno sguardo en voyeur (inevitabile controfaccia della pietas). Ci chiedono di osservare dunque. Di identificarci e, nel contempo, di mantenere la distanza. E’ forte il disagio di un’assenza fuori dal luogo.C’è una stretta somiglianza, nella lingua tedesca, tra i verbi vorfuhren (“mostrare”, “proiettare”) e ver-fuhren (“sedurre”): ed hanno in comune fuhren, che vuol dire “guidare”.L’opera si eclissa progressivamente. Il “vedere” e il “far vedere”, sono elementi costanti nella poetica di Fabio Mauri, così come il bisogno di realizzare un’opera fruibile in tutte le sue parti, la possibilità, cioè, di mettere lo spettatore in grado di svolgere le attività di riflessione o di ricordo o, comunque, di partecipazione emotiva”.
La mostra di Fabio Mauri, vi propone il tema centrale della poetica dell’artista quale: una riflessione sull’arte declinata con i toni, a lui stesso più congeniali, ella tensione ideologica, come le allusioni alla condizione drammatica dell’uomo nella dialettica tra la struttura e la materia, tra la forma, l’immagine e anche la storia.
Per maggiori informazioni: www.comune.milano.it/palazzoreale