martedì 22 novembre 2011

Cardi Black Box presenta: Flavio Favelli

Oggi 22 Novembre, la Cardi Black Box  va ad ospitare la primissima oltre che personale di Flavio Favelli chiamata Manatthan Club curato da Art At Work; la grane mostra andrà ad occuperà tutti e due i piani, in modo da far conoscere e anche approfondire la grande poetica di Flavio Favelli, che è caratterizzata da un viaggio nella memoria tramite l’accumulo stesso degli oggetti, che lo stesso artista va a rielaborare, modificando e combinandoli tra di loro trasformandoli in qualcos’altro.

Ecco una ricostruzione per immagini, e anche con i segni del passato personale dell’artista, che può essere interpretato anche come una sua volontà di attivare la stessa rievocazione di una storia recente: quella dell’Italia degli Anni’60/’70.

Manatthan Club ci racconta la storia dei consumi, tramite i mobili, le luci al neon, i tappeti, i collage di immagini e anche di francobolli di cui lo stesso Favelli va ad amplificare il suo potenziale poetico, che diventa una vera e propria metafora della stessa trasformazione socio-culturale del nostro paese che , una volta uscita dal dopoguerra, va a spogliarsi di una dimensione provinciale, che si convertiva successivamente in una società di consumo.

Flavio Favelli va a sviluppare la sua pratica artistica tramite il rapporto tra il rapporto intimo e quello personale che va ad instaurare con gli stessi oggetti, le immagini e anche i mobili che va a raccogliere nei mercatini e anche dai robivecchi in giro per tutto il paese. Così montando e smontando, tagliando incollando, va a creare un universo estetico che è carico di bellezza malinconica e di poesia, caricandole di suggestioni emotive e decisamente personali a volte criptiche. Così i suoi grandi collage con francobolli, o cartoline che sono inseriti in cornici d’epoca, i patchwork di tappeti e anche tendaggi, che vanno  registrare in maniera molto personale il passare del tempo, che va a creare una personale sintesi tra la pittura, la scultura e anche l’installazione.  

Per Manatthan Club, favelli ci racconta, di alcuni oggetti che segnano la storia dei consumi italiani degli Anni ’60 e ’70, di un’ Italia provinciale, kitsch e allo stesso tempo genuina, che è capace di poter sognare tramite i segni del consumo, loghi di marchi famosi e anche scritte al neon con una realtà lontana e migliore. Il nome ci riporta a un errore ortografico, che nasce dalla fotografia che viene scattata dall’artista nella primavera del 2011 a un locale notturno dove lui si è imbattuto in Sicilia, sulla statale che collega Licata e Gela. Questa scritta nera con caratteri cubitali su una parete fucsia e rosse va ad evocare la promessa della trasgressione e anche del divertimento associate al mito della metropoli americana; l’inaspettato accostamento dei tre colori torna in modo ossessivo ai mobili trasformati in light box dai neon, così come nei loghi e nei vari oggetti che costituiscono le stesse parole dell’artista: “…il mio immaginario e quello di un paese, l’Italia, che lambisce il provinciale-trash-pop-meridionale.

I suoi lavoratori significativi sono quelli che citano Sandokan,  l’eroe che lo appassionò sin da bambino, dove nel 1976 l’artista si appassionò alle avventure della Tigre della Malesia interpretato da Kabir Bedi, rivelandosi un successo senza precedenti, diventando un cult per i giovani italiani, dando così vita a un fenomeno nazionale di larga scala, tramite magliette, quaderni per la scuola, maschere di Carnevale e anche un ricercatissimo album di figurine della Panini; così Favelli si riappropria di questo mito, che è stato citato di recente dai media perché è stato scelto dal boss camorrista  Francesco Schiavone come suo nome in codice.

Questa mostra va  strutturarsi in due ambienti decisamente distinti: nella main gallery troviamo i mobili con lucidi al neon che sono installati insieme ai loghi delle aziende che segnano il mercato italiano negli Anni’70, in modo da creare un’atmosfera decisamente surreale, che è carica di sensualità tramite l’uso del rosso e anche del fucsia; al primo piano l’artista trasforma questo piano, con tappeti e anche drappeggi, in modo da creare uno spazio in un boudoir dove il collage delle immagini e anche di francobolli, le sete dei foulard di Pucci che vengono messi come se fossero una quadreria ottocentesca, che saprà evocare un senso di straniamento spazio-temporale.

Questa mostra diventa così una personalissima testimonianza della stessa trasformazione Socio-Culturale della nostra Italia, che sembra accosti le immagini che sono tratte dal cinema porno degli Anni’70 a quelle commerciali, in modo da parlare del perverso bisogno di poter avere cose inutili; in ogni caso questa mostra non parla di una critica sociale, ma di una riflessione su un passato dove il desiderio non veniva mercificato, neanche strumentalizzato, in modo da fidelizzare i propri consumatori, i quali in maniera molto più semplice sognavano tramite le cose un futuro diverso oltre che moderno.

Per maggiori informazioni: www.cardiblackbox.com